Il samādhi dello yoga classico e la sua svalutazione nell’Advaita Vedānta di Śaṅkara
Camposampiero (PD), Casa di Spiritualità dei Santuari Antoniani, 16-17 novembre 2019
Si presenterà anzitutto l’articolazione del samādhi (lett. “raccoglimento”) nello Yoga classico di Patañjali: in esso si staglia quale l’ottavo e ultimo membro (aṅga) dello Yoga, il fine sommo veicolante la liberazione (kaivalya). Verrà quindi presa in esame la svalutazione del samādhi nell’Advaita Vedānta del maestro Śaṅkara (VIII sec. d.C.). A partire da una serie di testi che la critica reputa senz’altro suoi (quali il commento ai Brahma-sūtra e l’Upadeśa- sāhasrī), si documenteranno le ragioni che lo portano a ritenere il samādhi e la via dello Yoga quale al più una metodologia di purificazione. Ancorché Śaṅkara riconosca il valore della pratica yogica e dei poteri (siddhi) da essa derivanti, egli presenta il samādhi quale mera azione (karman) che dipende dallo sforzo umano. Viceversa, nell’Advaita Vedānta la liberazione ossia la scoperta dell’identità ātman-Brahman è il portato della conoscenza (jñāna) ossia di un’intuizione folgorante del Sé che ha il carattere dell’immediatezza. In Śaṅkara, azione e conoscenza si pongono su piani affatto differenti. Mentre l’azione è interna al dominio dualistico e illusorio del mondo e si configura quale ignoranza (a-jñāna), la conoscenza ovvero l’accorgersi della Realtà esula dalla sfera karmica ed è un puro riconoscimento (pratyabhijñāna). A differenza del samādhi, il metodo di liberazione śaṅkariano non prevede l’arresto della mente (citta-vṛtti-nirodha; Yoga-sūtra 1,2) ma lascia spazio al ruolo del pensiero discriminante. Per Śaṅkara, l’ātman-Brahman non è mai un fine da raggiungere in quanto non è “qualcosa” da ottenersi: se la liberazione conseguisse quale risultato di un’azione essa sarebbe nient’altro che un oggetto. Si presenterà per sommi capi lo Yoga propugnato da Śaṅkara e come dopo di lui i maestri del Vedānta medievale e moderno, anche influenzati dallo Yoga tantrico, si siano allontanati dalla sua impostazione e abbiano dato sempre più importanza al samādhi sino a reputarlo ineludibile. In chiusura, si faranno accenni all’importanza del samādhi nello hinduismo contemporaneo prendendo a modello la figura del santo Ramakrishna.
Le pratiche saranno condotte da Enrico Scapin.